Unicità nella cognizione della nostra specie
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 15 dicembre 2018.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]
In questi
giorni è stato pubblicato un interessante articolo di Thomas Suddendorf e colleghi di un team australiano, che tratta del rapporto della selezione naturale
con la capacità squisitamente umana di prevedere comportamenti, eventi, fatti e
scenari futuri[1]. Lo studio distingue la semplice azione in vista
del futuro, come l’accumulare cibo, dalla previsione tipicamente umana di
scenari complessi, con elaborazione del grado di probabilità di singoli eventi,
e sviluppa argomentazioni evoluzionistiche attingendo ampiamente a nozioni e
tesi dettagliatamente esposte in precedenza da Suddendorf
in The Gap: The Science of What Separate Us fom Other
Animals[2]. Prendendo le mosse dai temi trattati da questo
autore, si è sviluppato il secondo incontro di aggiornamento sull’unicità
umana, della serie prevista dalla Società Nazionale di Neuroscienze
BM&L-Italia[3].
Nella
revisione critica della ricerca finalizzata all’identificazione di una singola
abilità esclusivamente umana, sul modello della facoltà di parlare, con
l’insieme dei processi di simbolizzazione e astrazione che comporta, Suddendorf
cita una serie di capacità cognitive degli animali, sconosciute fino a non
molto tempo fa, e che potremmo caratterizzare come concettualmente
corrispondenti alla gamma qualitativa di quelle umane, ma espresse ad un grado
di prestazione inferiore. Gli scimpanzé, ad esempio, possono risolvere problemi
grazie all’intuizione, consolare un proprio simile nello sconforto, conservare
e trasmettere tradizioni sociali: un gamma di facoltà ritenute nel secolo
scorso esclusivamente umane. Eppure, chi conosce e frequenta quotidianamente
queste scimmie, percepisce una differenza profonda e sostanziale con la qualità
psichica umana. Si avverte la mancanza di quella dimensione, alla base della cultura
e della morale, che sottende la comunicazione simbolica, l’intelligenza
induttiva e deduttiva, la creatività artistica e tecnica, la progettazione del
futuro, l’immedesimarsi nell’altro, andando oltre una semplice empatia
affettiva e ragionando come se si fosse al suo posto. L’emergere di questa
dimensione esclusiva, secondo Suddendorf, non si spiegherebbe con una generale
qualità psichica umana – come l’abbiamo appena definita – ma sarebbe la
conseguenza di due caratteristiche ben precise: la prima, detta nested scenario building[4], consiste nella capacità di immaginare
situazioni alternative, valutarle e includerle in un insieme di eventi connessi;
la seconda, espressa come urge to connect, consisterebbe in un profondo bisogno di
scambiare i propri pensieri con gli altri e nella capacità di condivisione
mentale che crea una dimensione superiore a quella individuale.
Il
possesso di un mondo interno, quale spazio di consapevolezza del mentale che
include la dimensione del tempo e va dalla riproduzione della realtà
all’elaborazione creativa, sembra essere una caratteristica esclusiva
dell’uomo, ma il suo studio in termini di coscienza si è rivelato complesso e
le opinioni sull’esistenza di un suo equivalente animale sono discordi.
Ricordiamo, al riguardo, la soluzione di Gerald Edelman
a questo problema: una coscienza primaria
che non va oltre il presente ricordato
è tipica dell’animale, pur molto evoluto, ed è presente nell’uomo, nel quale,
grazie ad una auto-elevazione favorita dal linguaggio, con lo scambio
comunicativo e il pensiero verbale, si è sviluppata una coscienza di ordine superiore. Tale dimensione psichica
esclusivamente umana è caratterizzata da un senso di sé socialmente definito,
dalla capacità di rievocare il passato, progettare il futuro, attribuire senso
a sentimenti e azioni, e, infine, comprendere e impiegare valori simbolici. A
queste caratteristiche, Gerald Edelman aggiunge un
requisito tratto dall’esperienza soggettiva: essere coscienti di essere coscienti.
Ma Suddendorf, naturalmente, non entra nel merito di questioni
che riguardano le teorie della coscienza, e illustra le capacità conferite dal
suo nested scenario building: affrontare dilemmi
morali, immaginare situazioni che riguardano altre persone e sviluppare intere
storie quali trame di romanzi, commedie, tragedie e film. Nel contesto reale di
un pensiero rivolto in avanti, questa facoltà consente di prefigurare
potenziali eventi futuri, riflettere su delle possibilità ed includerle in un
ambito di accadimenti più grande o all’interno di eventi in evoluzione; in tal
modo è possibile fare piani a lunga scadenza e programmare scelte per cogliere
opportunità che si materializzeranno in futuro, così come evitare percorsi di
vita che potrebbero esporre a gravi pericoli.
La
differenza con l’abilità animale di prevedere – sulla base di un apprendimento
associativo di eventi ripetitivi – che accadrà qualcosa in un dato luogo in una
determinata circostanza, è più che evidente. La regolarità lineare appresa,
possiamo dire, in una chiave edelmaniana, che
appartiene al “presente ricordato” della coscienza primaria, mentre la capacità
di prevedere sulla base di elaborazioni del pensiero è coerente con una
coscienza di ordine superiore.
Secondo Suddendorf, nella storia evolutiva è proprio
l’insufficienza nella capacità individuale di previsione a favorire lo sviluppo
della motivazione all’interazione (urge
to connect), ossia la seconda delle due
caratteristiche precipue della nostra specie[5]. Non si tratta di una tendenza comportamentale
riportabile ad un semplice desiderio di scambio, ma di una consapevole ricerca
di condivisione mentale. Lo psicologo Michael Tomasello descrive tale
connessione come intenzionalità condivisa (shared intentionality)[6]. Le abilità verbali, che consentono alla
comunicazione umana un potere straordinario di recezione e trasmissione di
informazioni senza equivalenti nel mondo animale, sono origine e mezzo della
spinta motivazionale a collegarsi con i propri simili. Suddendorf
osserva che la maggior parte delle nostre comunicazioni riguarda eventi che
hanno luogo nel tempo e consentono la conoscenza reciproca di esperienze,
progetti, opinioni e piani.
Un aspetto
caratterizzante l’esperienza umana è dato proprio dal dare forma ad un futuro
condiviso attraverso legami affettivi, cooperazione lavorativa, formazione di
gruppi, squadre, associazioni ed altre modalità di condivisione che esprimono
un progetto. Aggregazioni che costituiscono la struttura portante della vita
sociale. Senza entrare nel dettaglio di quest’analisi, Suddendorf
afferma che la maggior parte del potere della nostra specie deriva dal nostro
spirito collettivo.
L’autore
della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per
la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni
di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni
Rossi
BM&L-15 dicembre
2018
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data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione
scientifica e culturale non-profit.
[1] Suddendorf T., et al., Prospection
and Natural Selection. Current Opinion in
Behavioral Sciences 24: 26-31,
2018.
[2] Thomas Suddendorf, The
Gap: The Science of What separate Us
from Other Animals. Basic Books, New York 2013.
[3] Si veda per ulteriori indicazioni in “Note e Notizie” del 17 novembre 2018, nelle “Notule”, la notula dal titolo: “Inaugurata una serie di incontri di aggiornamento sull’unicità umana”.
[4] La definizione è originale dell’autore.
[5] Cfr. Thomas Suddendorf, Inside Our Heads. Scientific American 319 (3): 35-39, 2018.
[6] Cfr. Michael Tomasello, The Origins of Morality. Scientific American 319 (3): 62-67, 2018.